Anime Metropolis

A cura di SPACED JAZZ

Titolo originale: Metropolis

Titolo edizione italiana: Metropolis
Regista: Rin Taro
Anno di produzione: 2001
Codice Area: Area 2
Edizione: SONY PICTURES HOME ENTERTAINMENT SRL
105 minuti, 12.99 euro




Trasporre in animazione un fumetto non dovrebbe mai essere un lavoro di "copiatura", conformandosi semplicemente al nuovo mezzo espressivo, quanto piuttosto una rivisitazione del soggetto con nuovi spunti e interpretazioni. Specie quando il manga in oggetto risale a mezzo secolo prima, come nel caso di Metropolis.
Per nostra fortuna Rintaro - regista e già collaboratore di Tezuka sin dai tempi dell'anime di Tetsuwan Atom - nel realizzare questo lungometraggio mostra di conoscere perfettamente la lezione, affidando la sceneggiatura a un altro nome famoso come Katsuhiro Otomo, e soprattutto adattando nuove idee e contenuti a un classicismo retrofantascientifico molto tezukiano.
A partire dalla storia fanta-avventurosa a sfondo morale creata da Tezuka, sia Rintaro che Otomo aggiungono nel calderone altre idee artistiche e tematiche. La storia prende un taglio più maturo, pur conservando sia il design dei personaggi che un certo umorismo tragicomico osamushiano; lo stile viene virato a uno steampunk retrò con incursioni visionarie e apocalittiche (e qui ricordiamo Akira, l'opera più famosa di Otomo), possiamo notare una maggiore densità nei temi trattati, non solo relegati all'etica scientifica e alla coesistenza degli esseri viventi (uomo-robot, nel nostro caso) ma con accenni socio-politici nel conflitto fra i reazionari abitanti della svettante Metropolis e gli inquieti diseredati dei livelli inferiori.
Quasi sicuramente nel film vi è anche una maggior influenza del Metropolis di Fritz Lang rispetto a quella presente nel manga di Tezuka.

A livello di personaggi, abbiamo solo due differenze fondamentali rispetto al manga: l'androide protagonista non è più l'asessuato Mitchy, ma prende fattezze chiaramente femminili nell'angelica Tima (questo consente anche lo sviluppo del tema amoroso fra i due protagonisti, nel manga al massimo vagamente ipotizzabile); inoltre viene introdotto Rock - personaggio per altro classico nell'iconografia tezukiana - come capo del partito fascista Marduk e irriducibile avversario dell’integrazione.


La storia presenta invece maggiori e sostanziali modifiche. La maestosa città di Metropolis (look da "futuristici" anni '20 newyorkesi) è retta con piglio autoritario dal Duca Red e dal suo partito Marduk. Costui ha quasi ultimato la realizzazione della Ziggurat, una gigantesca torre sulla cui cima è installato un dispositivo con cui irradiare il Sole di Omotenium, accrescendo artificialmente la quantità di macchie solari sulla sua superficie (come nel manga, lo scopo è la destabilizzazione mondiale per ottenere il potere planetario).
I piani di Duke Red prevedono di porre alla guida della Ziggurat un essere superiore, viene dunque affidata allo scienziato criminale Lawton (sulle cui tracce c'è il detective Shunsaku Ban e suo nipote Kenichi) la costruzione di un'androide, Tima, realizzata sulle fattezze della figlia scomparsa di Red. Ma Rock, altro figlio (adottivo) di Red e deciso sostenitore della superiorità umana, uccide Lawton e appicca il fuoco al suo laboratorio. Tuttavia Kenichi riuscirà a salvare Tima dalla fiamme, e insieme sfuggiranno ai membri del partito Marduk trovando rifugio nei livelli cittadini inferiori, in cui abitano gli emarginati della società. Fra questi emarginati c'è una fazione capitanata dal giovane Atlas che progetta una rivoluzione marxista, così come il sindaco di Metropolis, supportato dai militari, sta preparando un colpo di stato. tuttavia Red supererà questi "intoppi", e riuscirà alfine a porre Tima al controllo della Ziggurat. Ma senza fare i conti con i sentimenti umani sviluppati nel frattempo da Tima, che con i loro quesiti esistenziali ("chi sono io?", si chiede la ragazza) mineranno il freddo calcolo meccanico e porteranno all'apocalittico finale.
Finale che presenta, a mio avviso, una delle scene più suggestive viste nell'animazione nipponica: la distruzione della Ziggurat al suono di "I can't stop loving you" cantata da Ray Charles, mentre Kenichi cerca di salvare Tima risvegliando la sua coscienza. Musica e immagini creano un contrasto netto nel climax finale, da una parte evidenziando l'ironia della natura autodistruttiva umana (la mente tende a fare abbinamento con il Dottor Stranamore di Kubrick), dall'altra sottolineando come forse alla fine i sentimenti siano l'unica ancora di salvezza.


Tecnicamente Metropolis, realizzato nel 2001 dal rinomato studio Mad House, è un'opera di altissimo livello. Salta subito all'occhio il dualismo fra Computer Graphic e disegni realizzati a mano. Tutto ciò è voluto. Lo spettatore attento può infatti notare come le gigantesche e ambiziose costruzioni, i grattacieli, i complessi meccanismi a orologeria, siano tutti realizzati in CG, mentre i bassifondi siano in animazione tradizionale: la freddezza e il calcolo dei primi, contrapposti all'umanità e al calore dei secondi (vedi ad esempio le ambientazioni di Ginza-7 durante la fuga slapstick di Tima e Kenichi). Metropolis è un film di dualismi ("solo nella luce nasce l'ombra", afferma Shunsaku Ban).
Abbiamo altre due conferme di questa impostazione artistica: le strutture della sala di comando e del trono della Ziggurat - una grafica computerizzata così sfacciata e stridente da rendere alienante la scena - e soprattutto i fondali con la città semidistrutta durante l'epilogo, in cui i palazzi prima poligonali sono ora disegnati a mano, quasi a porre l'accento sulla fallibilità scientifica e la sconfitta dell'ambizione umana (del resto il film fa anche diretta citazione della Torre di Babele).

A parte questo utilizzo concettuale dell'elemento tecnico, va anche rilevata la qualità della realizzazione: molta CG è ricolorata a mano per amalgamare lo scenario, le animazioni sono ottime e i fondali dipinti davvero notevoli. I personaggi con il loro look cartoonesco sembreranno forse "fuori epoca" allo spettatore casuale, in realtà sono un puro quanto voluto recupero dello stile allegorico tezukiano, come già accennato in apertura. Fra le molte scene troviamo alcune situazioni affascinanti e simboliche. assolutamente splendida quella con Tima illuminata da un raggio di luce nel fondo dei condotti di scarico di Metropolis.
La colonna sonora è a sua volta molto bella e riflette perfettamente l'ambientazione: la musica, composta da Toshiyuki Honda, è infatti basata su jazz e swing da anni ruggenti ("Be-bop", leggiamo a caratteri cubitali sui muri del sottosuolo), come curiosità possiamo notare che nell'orchestra c'è lo stesso Rintaro a suonare il clarinetto, e ancora più curiosa la presenza di Go Nagai come ospite nel doppiaggio originale.
Un film interessante, dalla bella regia, una buona sceneggiatura vista la quantità di materiale proposto (quantità che rende alcuni temi per forza di cose non del tutto sviluppati); un equilibrio stilistico dal bilanciamento delicato, ma a parte questo siamo di fronte a un lavoro davvero di grande qualità e a un giusto tributo dell'originale soggetto tezukiano.


Nota sul finale (contiene spoiler):

Nella versione occidentale del film c'è un piccolo... scempio. Vediamo quale. La storia termina con Kenichi che ritrova il "cuore" di Tima e pensa di ricostruirla con l'aiuto dei robot; a questo punto iniziano i titoli di coda. Ma quale sarà il risultato? Ebbene, nella versione originale c'è un epilogo chiarificatore dopo il termine dello scorrere dei credits: il fermo immagine di una fotografia, in cui vediamo la facciata di un negozio, "Kenichi & Tima Robot Company", e dove si intravedono i due protagonisti; insomma ci verrebbe suggerito un futuro "happy ending". Purtroppo qui da noi tale fotogramma, nel sostituire i titoli di coda nipponici con quelli in inglese, è stato tagliato probabilmente per disattenzione. Dell'epilogo positivo ci rimane solo l'indizio datoci dal testo dell'ending theme, che recita "There'll never be goodbye".

Tutte le immagini sono di proprietà di Tezuka Production © Tezuka Production