Ayako

 A cura di Paul V


Titolo originale: Ayako

Edizione italiana: Ayako, J-POP - completa
2 volumi - Marzo/Aprile 2019, 14 euro, 352 pp in bianco e nero

Prima edizione italiana: 3 volumi editi nel 2004, 10 euro; 240 pp.
ISBN: 88-7502-032-9, ISBN: 88-7502-033-7, ISBN: 88-7502-034-5

Edizione originale: 1972, Daitosha, 2 volumi.



Ayako, opera del 1972, è la perturbante vicenda di una famiglia di proprietari terrieri, in un momento storico in cui la vecchia società contadina giapponese sta vivendo la sua massima perdita di egemonia e prestigio, sotto i colpi di un'espansione industriale che muta definitivamente l'assetto economico e sociale del Giappone.
Ma Ayako è soprattutto lo scavo coraggioso e spregiudicato di Tezuka nelle zone più oscure e raccapriccianti della psiche umana: dietro la descrizione dei mali di una società rurale attardata su ideali come l'onore e la reputazione e, nello stesso tempo, di un'avanzante società capitalistica che vuole cancellare il passato, nonché di una classe dirigente politica corrotta, Tezuka fa l'impietoso ritratto di un'umanità malvagia e infernale. 

L'opera si colloca cronologicamente in una fase della produzione di Osamushi in cui gli eroi della giustizia hanno lasciato il posto ad anti-eroi in cui si annidano le brutture dell'animo umano, insieme, spesso, a scrupoli di coscienza e sensi di colpa, che però non frenano in alcun modo tale discesa nell'egoismo e nella perversione. Agli anti-eroi si accompagnano le vittime: residui di purezza, le vittime sembrano soccombere alla spaventosa deformazione dei valori messa in scena da Tezuka. 

Vittima è qui proprio la piccola Ayako, frutto della relazione fra il "patriarca" Sakuemon e la nuora Sue, permessa dallo stesso Ichiro, figlio di Sakuemon e marito di Sue, in cambio della piena eredità paterna. Ayako nasce già così sotto il segno di una perversione e di un'avidità che saranno causa ultima della distruzione dell'intera famiglia. Ayako, nella sua innocenza di bambina, si ritroverà inconsapevolmente a essere la testimone principale dei crimini e delle azioni meschine dei componenti adulti della famiglia; dalla volontà di questi ultimi di salvaguardare l'onore e la reputazione della propria casata ha inizio la mostruosa prigionia di Ayako: un'intera giovinezza trascorsa in una stanza sotterranea della dimora familiare, mentre per il mondo esterno Ayako è morta a quattro anni per una brutta polmonite. 

Nel sottosuolo, Ayako è sì separata dal mondo dei complotti, delle ipocrisie e degli omicidi dei suoi familiari, ma, al tempo stesso, è destinata a non abbandonare mai il suo ruolo di testimone: come una radice, si nutre di ciò che sta in superficie, e così la sua purezza di vittima inconsapevole avrà paradossalmente quelle stesse deformazioni che caratterizzano, nel male, le personalità meschine della sua famiglia. Nata da una relazione quasi incestuosa, la sua sessualità sarà altrettanto deforme, tanto da concepire l'atto sessuale come esclusiva espressione di affetto e amore: purezza mostruosa quella di Ayako, che la porterà a commettere un incesto vero e proprio con il fratello Shiro. 

Il personaggio di Shiro merita attenzione al pari della protagonista: all'inizio lo vediamo bambino, ma già con uno sguardo fisso e potente; il suo gioco preferito è inscenare cause giudiziarie, con imputati i suoi stessi familiari: non gli ci vorrà molto per comprendere che i suoi fratelli adulti meriterebbero davvero un capo d'imputazione. Se Ayako è il testimone inconsapevole, Shiro assume sin da piccolo il ruolo di coscienza straniante della famiglia, capace di metterne in luce la mostruosità "ereditaria" e di denudare nella loro bassezza tutti i suoi familiari. Shiro è consapevole e restituisce, quasi con divertita crudeltà, tale consapevolezza. Ma proprio la coscienza della perversione lo conduce, nella maturità, dal senso di giustizia e dalla operatività che lo caratterizzavano da bimbo a una freddezza distaccata che tutto guarda senza voler cambiare nulla, da una distanza che non gli impedirà poi di essere intaccato dalla radice perversa di Sakuemon: il rapporto incestuoso con Ayako, ripetuto, è la prova che nemmeno lo straniamento che rende coscienti può rendere altrettanto lontani dal commettere azioni mostruose; anzi, e questo è un altro paradosso, la freddezza di Shiro è ciò che gli fa compiere un atto sacrilego con la stessa consapevolezza con cui prima metteva i propri familiari di fronte ai loro mali. 

Nessuno, in Ayako, è esente dalla colpa, che assume quasi la forma di un peccato originale che sopravvive fra le generazioni, e tutti si troveranno alla fine a dover fare i conti con i propri crimini e rimorsi. La scena conclusiva dell'opera è un capolavoro di intensità e potenza espressiva, la dimostrazione di quanto Tezuka sia un autore geniale con cui pochissimi autori, non solo fumettisti, possano competere; in questa sequenza finale, Ayako, da manga storico, spionistico, familiare, politico, diventa anche, e soprattutto, opera etica e filosofica, in cui la Storia si accompagna al suo senso ultimo. 

Nella potente immagine di una grotta in cui si trovano intrappolati Ayako e il resto della famiglia, in una sorta di contrappasso per coloro che hanno distrutto la vita della protagonista, chi direttamente, chi nella effettiva indifferenza e lontananza, il tema della prigionia acquista un significato tanto vasto quanto sorprendente: il momento in cui i fratelli di Ayako si ritrovano in una situazione tanto simile a quella cui hanno costretto la ragazza è il momento della definitiva presa d'atto della propria mostruosità, che prima si presentava in forma di fantasmi che, in certe circostanze, assillavano le menti deformi di Jiro, Ichiro, Shiro e della stessa Naoko. Jiro avverte tutto il peso dei propri omicidi, primo fra tutti quello del compagno della sorella Naoko; un Ichiro delirante vede la moglie Sue, uccisa da lui medesimo anni prima per ottenere la piena eredità di Sakuemon; a Shiro, dopo aver inscenato un processo giudiziario davvero conclusivo, in cui rinfaccia ai fratelli i loro delitti, non resta poi che ammettere il proprio sacrilegio; Naoko, colpevole quanto gli altri di aver permesso la prigionia di Ayako poiché fuggita dalla casa paterna e rimasta lontana per moltissimi anni, rivela tutta la sua penosa fissazione idealizzante per un amore del passato, quello che Jiro le ha tolto: ormai moglie e madre, con una vita che Ayako non ha avuto, espia la sua colpa nel folle attaccamento a un sentimento e a tutto un mondo che non hanno più ragione di esistere; come lo sguardo di Sakuemon era proteso verso il passato di un mondo contadino e terriero di cui era il re, così Naoko ha lo sguardo ostinato verso il passato delle lotte comuniste a favore dei lavoratori e del suo amore per Tadashi Eno, e il desiderio di vendicare la sua morte. Quella di Sakuemon e di Naoko è la medesima folle ostinazione. 

Ayako, ancora una volta, è testimone di tali stravolgimenti: a suo agio nella grotta, così come aveva imparato ad essere a suo agio negli spazi chiusi e senza aria, assiste con sguardo enigmatico agli sconvolgimenti interiori dei fratelli, a pieno contatto con i propri tormenti e che vivono sulla propria pelle il dramma della prigionia fisica ed esistenziale. La sua risata, che i familiari interpretano come il riso della propria vendetta, è forse qualcosa di più: la risata di chi può assistere con serenità, perché protetto, a cambiamenti totali e definitivi, esemplificati dall'immagine della grotta che crolla. 

Ayako dapprima ha assistito impotente, dalla distanza della sua stanza sotterranea, alla vita della propria famiglia, che procedeva tra allontanamenti e ritorni; ora, sempre nel chiuso di una "scatola", assiste alla fine della famiglia e del mondo che rappresenta. Sarà l'unica sopravvissuta al crollo, ma di lei si perderà qualunque traccia: quasi ad aver ultimato il compito che le spettava.

Frutto marcio e puro al tempo, Ayako ha spazzato via, attraverso il sacrificio della propria stessa esistenza, iniziato dall'età inconsapevole dell'infanzia, tutta un'epoca storica: quella della ruralità giapponese e del dominio dei signori terrieri. E tutto questo agendo dal sottosuolo. In superficie ritroviamo la vecchia Ibe, moglie di Sakuemon, morto da tempo: il suo sguardo è rivolto ai campi arati che prima appartenevano alla sua casata; ma il suo è uno sguardo ben diverso da quello del marito: personaggio sempre in penombra, dimesso, apparentemente sottomesso ai soprusi di Sakuemon prima, Ichiro poi, alla fine si rivela la più resistente di tutti; non immune da colpe nei confronti di Ayako, ma priva della follia mostruosa dei figli, Ibe assiste al cambiamento epocale con un sentimento sì di nostalgia, ma anche di serena accettazione. La purezza fanciullesca di Ayako e la forza della maturità di Ibe sopravvivono alla prigionia di un passato ostinato e al successivo mutamento di epoca.
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