Shin Takarajima

 A cura di Deda
Titolo originale: Shin Takarajima

Edizione italiana: La nuova isola del tesoro, Rizzoli, 2018, 1 volume -completa.

Edizione spagnola: La nueva isla del tesoro, Glénat 2008, volume unico. 8,95 euro; 232 pp.

Edizione originale: 1947, Ikuei Shuppan, 1 volume.

  

Ho fatto i salti mortali per poter trovare quello che, un po' da tutti, è definito il protogenitore del manga d'avventura e moderno (l'autore della review si riferisce all'edizione spagnola -ndr). Tutti pensano che questo sia il manga di esordio di Tezuka, in realtà non è così, diciamo che è il manga con cui... ha fatto il botto.
La peculiarità di Shin Takarajima sta nel fatto che si tratta del primo manga raccolto in volume, nonostante la divisione delle vignette fosse la classica "4koma" (cioè 4 vignette poste in verticale nella pagina).
L'ho trovato in spagnolo.

Fortunatamente, essendo una storia per ragazzi, il linguaggio non era eccessivamente complesso e pur masticando poco di spagnolo (l'ho studiato solo per 5 mesi), sono riuscita a comprenderlo. Questa è una riedizione disegnata da Tezuka negli anni '80 per includerla nella famosa racolta "best of" della Kodansha. Del famoso volume uscito nel 1947, che pure aveva già in germe tutto il talento dell'autore, non esistevano che poche copie stampate male e, inoltre, Tezuka stesso nella postfazione commenta come il suo fumetto fosse stato editato così aggressivamente che il prodotto andato in stampa non era minimamente vicino a quello che aveva disegnato lui dapprincipio (tuttavia la grande capacità narrativa che Tezuka aveva già a 18 anni era sconcertante, al punto da trapelare tra queste modifiche e ridisegnare il mercato dei manga).
Certo la novità dell'opera non sta tanto nella freschezza delle idee (si parla pur sempre di una storia figlia de "L'isola del tesoro" e "Tarzan") quanto nello stile di disegno e l'impostazione delle tavole. Ovviamente in questa nuova riedizione il tratto è migliore, Tezuka però ammette di aver ricalcato l'opera originale e che quanto il lettore si trova per le mani è al 90% lo Shin Takarajima come lo aveva concepito lui, senza troppi abbellimenti e ponendo rimedio ai danni fatti dalla "censura" del signor Sakai (il suo editor dell'epoca) reintegrando cose che erano state tolte (circa 60 pagine di fumetto). L'unica variante è nel finale - dove aggiunge un concetto che, ammette, non avrebbe mai potuto concepire in quel modo nel '47 ma che tuttavia aleggiava nell'opera originale (che secondo lui era stata conclusa in maniera troppo brusca e commerciale con un "addio isola del tesoro" che però non lasciava spazio a denuement di sorta).
Non c'è dovizia di particolari negli sfondi che sono molto cartooney... E tuttavia questo ragazzo - perché non ci sono elementi tipici del Tezuka adulto in questo manga - disegnava DA SOLO molti più sfondi di quanto non faccia un'autrice di shoujo di bassa categoria al giorno d'oggi. Ma la modernità sta tutta nelle inquadrature. In molti riportano il fatto che le inquadrature fossero dinamiche e tridimensionali, roba che in Giappone non si era ancora mai vista, roba che saltava fuori dal foglio! Anche Yaguchi nel volume Tezuka secondo me cita l'impressione e lo spavento provato nel vedere l'automobile corrergli contro, quasi schizzando fuori dalla pagina! Io dirò di più: essendo il formato delle vignette rettangolare (3:4 cioè il vecchio formato dello schermo del cinema) ed essendovene 4 per pagina quella che si ha davanti è una pellicola.
Innanzitutto abbiamo a che fare con dei veri e propri storyboard per il cinema, Tezuka tiene conto della direzione dell'azione (cosa che non si fa mai nel fumetto e che oggi si è persa nel manga soprattutto tanto da creare confusione sulla direzione presa dal personaggio - e non stiamo parlando delle famose disinquadrature di Dreyer, qua si parla proprio di mancanza di coerenza). Se Pete sta guidando da destra a sinistra, continua a farlo finché la camera non si sposta sul davanti e poi passa dall'altro lato in carrellata, SENZA INFRANGERE la quarta parete. Non c'è mai quello che nel lessico americano si chiama: Cross the line (oltrepassare la linea). Questo non crea disagio e non crea confusione, l'azione resta sempre chiara e Tezuka (allungando i pannelli) non esita a ricreare movimenti di camera: tilt, pan e dolly di sorta! La varietà delle inquadrature, poi, passa dal campo lungo al primissimo piano con grande estro drammatico.
Insomma non c'è il teatro in questo fumetto ci sono ore e ore di cinema, ore trascorse non a guardare il film e basta... Ore trascorse a osservare con acuto senso di analisi quello che succedeva sullo schermo e chiedersi "perché?".
Se Shin Takarajima venisse trasposto in film non avrebbe bisogno dello storyboard, non ci sarebbe bisogno di adattare nessuna inquadratura al formato della pellicola, è praticamente pronto per essere trasposto. I personaggi sono disegnati in maniera graziosa ma con un certo dinamismo. La varietà di forma permette di rendere tutti i personaggi riconoscibilissimi, le silhouettes sono chiare e leggibili e i gesti graziosi anche quando devono essere goffi e buffi (e di gag ce ne sono tante, ho riso da matti). Il volto di Tarzan è stato poi ripristinato all'originale stile realistico quasi a emulare l'originale Tarzan dei fumetti americani.
Il fatto che Tezuka sia riuscito a narrare una storia tanto semplice in maniera così professionale e a una così giovane età, rende il racconto più avvincente e non fa che confermare la teoria che dice: non è quello che narri è come lo fai! Questo fumettino per bambini del 1947 è immensamente superiore a molte cose super elaborate e filosofeggianti che vediamo pubblicate oggi. Anche se abbiamo in mano una riedizione, non si può non credere all'onestà di Tezuka quando dice di aver ricalcato l'originale e aggiunto solo qualcosina, lo si nota dallo stile narrativo e dalla tipologia di storia che è esattamente quello che il mercato richiedeva all'epoca.
La semplicità e l'umiltà presenti in quest'opera sono una chiara lezione di vita: va presa a esempio e basta! Soprattutto stabilisce fin dall'inizio la sua volontà di raccontare per intrattenere e divertire, ha chiaro in mente il target a cui si rivolge, sa esattamente dove vuole arrivare e come fare per arrivarci ma si vede anche quanta fatica gli è costata un lavoro del genere! L'aggiunta del denuement finale accresce il valore del fumetto e lo rende attuale, nonostante sia un racconto tanto naif e semplice. La forza di Shin Takarajima resta comunque l'impatto grafico e il voler adattare il linguaggio del cinema a quello del fumetto, laddove oggigiorno il cinema si trova invece a chiedere in prestito al fumetto perché non sa più come raccontare e incantare.
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