Shumari

 A cura di Deda
Titolo originale: Shumari

Edizione italiana: Shumari, 001 Edizioni, 2018, 4 volumi -completa.

Edizione francese: Tonkam, 4 volumi - completa; 7,90 euro; c.ca 245 pp.

Edizione originale: Kodansha, 1978, 4 volumi.





Shumari è una sorta di C'era una volta il West in versione giapponese. E' la storia di un mondo che scompare per lasciare spazio al nuovo che avanza, di un Hokkaido che non esiste pressocché più perché colonizzato brutalmente nel lontano 1869 - nonostante fosse un inferno, un vero e proprio far west con tanto di sparatorie, cavalleria e briganti nascosti. La commistione tra film western e antico Giappone crea un'ambientazione davvero particolare, affascinante e curiosa.
In questo Hokkaido selvaggio troviamo gli ainou, la popolazione indigena: amanti della natura e in armonia con essa.
Troviamo anche Shumari, un ex samurai che pare adottare la cultura ainou, rispettoso di quelle popolazioni e delle loro tradizioni... Per poi agire come un qualunque essere umano: violentemente, uccidendo, sottomettendo le bestie e la natura senza farsi troppi scrupoli (quindi diciamo che il suo cuore "ambientalista" si ferma al rispetto della cultura ainou). Non è completamente crudele anche se a volte prova a esserlo - e spesso se ne pente - ma quando ci si mette sa essere davvero spietato! Alterna quindi questi momenti quasi di "illuminazione" e simpatia a momenti in cui gli augurereste il peggiore dei mali!
A prescindere dalla simpatia o antipatia suscitata dal protagonista è già davvero fenomenale il fatto che, nonostante possa non piacere Shumari stesso, resti comunque difficile metter giù il volume e non proseguire con le sue avventure. Il fumetto esordisce con una serie di episodi non legati tra di loro, poi alcuni temi e personaggi si fanno ricorrenti - nonostante i primi capitoli siano sempre autoconclusivi e a cerchio chiuso - la storia prende una strada ben delineata e il cast di personaggi si ferma agli attori principali e a come interagiscono tra loro.
I personaggi secondari si fanno man mano strada per prendere una posizione fissa o semifissa nelle storie di questo avventuroso brigante, poi contadino, poi cacciatore, poi samurai, poi non lo sa più nemmeno lui... Perché gliene capitano di tutti i colori. La famiglia dalla quale compra il suo appezzamento di terreno sembra formata da dei veri e propri cattivoni da film western come li immaginava, per esempio, Sergio Leone.
Uno dei figli del cattivone, però, è un simpatico genio del male - nel senso che ha una logica tutta sua e una sua teoria del tornaconto che lo rendono simpatico più del protagonista - e per tutto il fumetto gli ruba la scena diverse volte (non fosse altro che per abbigliamento e atteggiamenti, spesso e volentieri, ricorda Black Jack).
La cosa migliore in assoluto è affiancare a questi brutoni un bambino Ainou - Pon Shon - che beve sakè come fosse latte e successivamente dividere il protagonistra tra due donne: l'ex moglie e l'attuale moglie di Shumari... in tutto e per tutto identiche!
Una volta piazzati i personaggi sulla scacchiera, dal terzo volume in poi, diventa evidente la piega presa dalla storia e il parallelo con la storia degli Stati Uniti e la colonizzazione del selvaggio West si fa sempre più evidente, soprattutto nel descrivere le miniere (qui di carbone, non d'oro). Subentra, successivamente, anche il desiderio di porsi in difesa della propria terra.
Shumari si redime e va in difesa del suo mondo e della gente che vuole proteggere. Ha ritrovato la famiglia, ha conosciuto il figlio, si è portato dietro il suo migliore amico e pare poter condurre una vita tranquilla, finché non arrivano gli Ainou sulle sue terre, un cavallo maledetto (ma in realtà malato della malattia del sonno - che non è l'insonnia ma una malattia parassitaria causata dal Trypanosoma brucei, infettiva, che porta alla morte uomini e animali. Quella che una volta si credeva trasmissibile solo tramite puntura della mosca tzè tzè) e, con essi, tutta una serie di guai che conducono a lotte, morti, separazioni dolorose e ti sbattono in faccia la crudeltà e stupidità degli uomini.
La vita di Shumari si disperde e si sparpaglia come sabbia al vento e solo l'incontro con la prima moglie lo riporta al vecchio Shumari di sempre, anche se cinquantenne ormai.
Tutto tracima verso un finale che incombe, come lo scorrere del tempo e il mutare della Storia con la s maiuscola. Anche se Shumari fino alla fine prova a fuggire e a non farsi acciuffare da questa modernità. Restano in piedi due sogni d'amore, un'eredità culturale ed emotiva: il fumetto si chiude su un grande messaggio di speranza.
La pecca maggiore dell'edizione francese sta nell'aver ribaltato le tavole. Shumari, a inizio storia, porta la mano destra fasciata e la libera dalle bende solo quando sta per uccidere. Ovviamente col ribaltamento Shumari si ritrova mancino in un mondo di mancini e non sempre il testo segue l'immagine in tal senso.
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